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GIORGIO WENTER MARINI - (Rovereto 1890 - Venezia 1973) - Nonostante fosse stato il mio Direttore per due anni, dal 1955 al 1957 non ho mai avuto l'occasione di vederlo e memorizzare la sua immagine. Non l'ho mai incontrato nel chiostro della scuola, nell'atrio, nei corridoi, ne in segreteria e ne tantomeno in biblioteca. Sapevo dai miei compagni che era un "grande", ma non ho mai saputo il perché. Leggo ora, grazie ad internet, la sua biografia che fu un grande artista e architetto. Si iscrisse alla facoltà di architettura della Regia Scuola Tecnica di Monaco di Baviera dove nel 1914 si laureò ingegnere-architetto. Prima della laurea, nel 1912, con un gruppo di pittori fondò un circolo artistico. Con in mano la laurea iniziò un breve periodo di praticantato presso alcuni studi di architettura in Italia assumendo anche incarichi di rilievo e di prestigio presso enti pubblici. Nel 1927 lascia la professione per dedicarsi all'insegnamento a Cortina d'Ampezzo, Cantù, Padova e Venezia. Dal 1953 al 1957 viene nominato Direttore dell'Istituto Statale d'Arte di Venezia. Successivamente viene chiamato dalla Soprintendenza per i Monumenti di Venezia.
CARLO DALLA ZORZA - (Venezia 1903 - 1977) - Non fu un mio insegnante vero e proprio, ma nei sei anni di scuola credo d'aver avuto la fortuna di incontrarlo quasi tutti i giorni e il piacere di poterlo salutare: "Buongiorno professore" e lui rispondeva sempre con un gesto della testa. Era molto riservato e schivo e il suo sguardo regalava generosamente schizzi di bontà. L'ho avuto un paio di volte in sostituzione del prof. Armando Tonello, assente ma non per malattia, quale supplente della lezione di disegno ornato. Anno 1958. Non ci conosceva, ma non era nemmeno in imbarazzo, eravamo tutti allievi educati e molto diligenti, i "cialtroni" erano stati cacciati dalla scuola dopo ripetute bocciature nei primi anni delle inferiori. Ricordo che gironzolò per l'aula soffermandosi a guardare qua e là i nostri lavori e sulla tarda mattinata chiese di mettere mano al mio lavoro derivato da un calco in gesso di un particolare di un bassorilievo. Si sedette, prese la mia matita, guardò il modello e cominciò a correggere il mio lavoro. Avevo disegnato una ricca ed ampia voluta di una foglia. Evidentemente la mia mano e il mio occhio non avevano recepito la curva com'era che cominciò a passare una volta, due volte, cinque volte e così via la curva finché gli sembrò rispondesse alle caratteristiche del modello. Guardo ancora la correzione, mi restituì la matita e la tavoletta con il disegno. Il mio amico Carlo Alberto che aveva sbirciato per tutto il tempo l'attività del professore, mi venne vicino e mi disse sorridendo: "adesso ti voglio a trovare la linea giusta". In effetti in mezzo a quel groviglio di linee c'era la verità, che trovai avendo seguito attentamente le evoluzioni della mano del mio grande "MAESTRO". Fu una bella esperienze, quel disegno non lo completai, lo conservai invece così com'era quale opera di Carlo dalla Zorza, purtroppo andò perso.
(CONTINUA)
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ALDO BERGAMINI - (Bottrighe (RO) 1903 - Venezia 1980) - Fu in primo luogo pittore, ma anche un bravo insegnante avendo prestato la propria opere all'Istituto Statale d'Arte Governativo di Venezia (uno dei sette Istituti d'Arte Italiani, tutte le altre scuole erano identificate come Scuole d'Arte). Era un MAESTRO che andava molto d'accordo con i propri allievi e lasciava a tutti libertà di espressione. Interveniva solo sui bozzetti cercando di dare, assieme all'allievo, un indirizzo all'idea che doveva poi essere trasferita su grandi telai tirati con carta da pacchi bianca. Amava dialogare in "veneziano" e si intratteneva con tutti durante le ore di lezione parlando esclusivamente del lavoro che stavamo eseguendo. Se coinvolto a parlare del proprio lavoro di pittore o di altri artisti, Bergamini, tagliava corto e con due parole di numero liquidava il discorso sul nascere. Vorrei riassumere l'attività del Maestro ALDO BERGAMINI con uno stralcio del critico Guglielmo Gigli: "la rivisitazione in chiave storica di tutta l'attività di Aldo Bergamini non potrà non evidenziare la precisa posizione di rottura assunta dall'Artista nei confronti dell'esperienza di altri colleghi veneziani, che con lui divisero le annotazioni della cronaca nel tempo soprattutto, tra le due guerre: Neno Mori, Eugenio Da Venezia, Fioravante Seibezzi, Mario Varagnolo, per indicare solo alcuni dei protagonisti di quel tempo dell'arte".
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ARMANDO TONELLO - (Vittorio Veneto 1897 - Venezia 2001)
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MARIO DISERTORI - (Trento 1895 - Padova 1980)
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MARIO DINON - (Venezia 1914 - Ivi 1967)
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AGOSTINO VENTURINI - (Venezia 1931 - 2010) - Di Agostino Venturini ho un ricordo impresso a caratteri indelebili nella mia memoria per cui partirò da molto lontano dal primo giorno di scuola ai "Carmini". Correva l'anno 1955. Il 10 di ottobre il mio papà ed io ci recavamo a Venezia nella mia nuova Scuola: l'ISTITUTO STATALE D'ARTE GOVERNATIVO di VENEZIA, dove ero stato iscritto alla prima classe inferiore. Scendemmo dalla "filovia" in Piazzale Roma, attraversammo dei piccoli giardini molto in disordine con pavimentazione in asfalto molto consunta, vidi fermo all'imbarcadero un motoscafo con la scritta "diretto" che stava caricando dei passeggeri. Ad un passo da noi il Rio Novo costruito all'inizio del secolo, a spese di numerose costruzioni che furono abbattute, per giungere sul Canal Grande in un lasso di tempo molto breve. Ecco i Tre ponti, mi disse mio padre, sono in legno perché non ci sono i soldi per finirli, (in realtà di ponti ne ho contatti sei). Quattro passi lungo la fondamenta dei Tre ponti, poi sulla destra un largo, spazioso e alberato Rio terà dei Pensieri. Mio padre mi disse "Questa è la zona delle carceri di Santa Maria Maggiore" e dopo le carceri a Santa Marta abitano i nostri cugini. Fondamenta della cazziola, uno, due, tre ponti e poi il ponte di ferro e dritto a destra la Calle dei Ragusei. Rimasi impressionato da quei due muri alti e abbondantemente panciuti che delimitavano la calle stretta, umida e maleodorante con traccie di escrementi e pipì di cani, mozziconi di sigaretta, carte, pezzi di pane e alla fine della calle un vomito rarefatto prima di sfociare sulla Fondamenta Foscarini. Un altro ponte, poi il Campo dei Carmini. Sul fondo l'ingresso della Chiesa della Madonna del Carmine, sulla sinistra la Scuola Grande dei Carmini e sulla destra l'ingresso dell'Istituto Statale d'Arte. Il campo era ghermito di studenti alquanto grandicelli, barbe lunghe, maglioncini neri, sigarette in bocca. Mio padre mi fece osservare che molte signorinette avevano la sigaretta accesa ed io mi sentii in mezzo a quella folla di adulti molto a disagio. Ci venne incontro uno studente delle superiori che conosceva mio padre e che l'aveva convinto ad iscrivermi alla Scuola d'Arte dei Carmini: ROBERTO PAMIO che divenne in seguito dopo la laurea un famoso architetto con studio nel Veneto ed a New York. Notai anche molti bambini con pantaloncini corti e alcune bambine con i calzettini bianchi immacolati. Immaginai che quei bambini sarebbero diventati i miei compagni della prima classe inferiore. Un po' prima delle nove i ragazzi ed alcuni insegnanti presero la strada della chiesa e un po' alla volta tutta l'assemblea si incanalò in quella direzione. Appena entrato in chiesa una fresca ventata, frammista a cera ed incenso, mi colpì il volto. La chiesa era di "enormi" dimensioni. Dipinti di grandi e grandissime dimensioni in tutte le pareti, ovunque capitelli sostenuti da colonne in pietra, sculture marmoree e lignee ovunque completavano gli arredi fissi antichi di secoli, una moltitudine di panche e inginocchiatoi consunti accolsero l'intera scuola o comunque quelli che si trovavano colà quella mattina. Tutti presero posto a sedere ed in silenzio attesero l'ingresso del sacerdote paramentato. Qualche battuta sottovoce da parte dei grandicelli che mimavano nei gesti, nelle parole e nel tono della voce il signor Direttore in carica GIORGIO WENTER MARINI (1890-1973). Entrò il prof. di religione e di storia sacra bardato di tutto punto seguito da alcuni chierichetti. Nel nome del ... ed inizio la Santa Messa in lingua latina che durò un bel po'. Come al solito durante tutta la S. Messa mimai con la bocca le risposte in latino in quanto non avevo frequentato molto la chiesa per fare mia la lingua latina. Dopo il "te missa est", il sacerdote dette la parola al Signor Direttore che fece il suo bel discorso ricordando i trascorsi della scuola dal lontano fine '800 e prefigurando, per le nuove generazioni, un futuro ricco e brillante. Alla fine del discorso ci invitò tutti ad entrare a scuola per prendere appunti sull'orario scolastico (che per il momento era ancora provvisorio). Gli allievi delle prime inferiori A e B dovevano attendere istruzioni nel chiosco della scuola.
(CONTINUA)
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AMEDEO TROTTA -